
Nasco in un afoso primo pomeriggio di agosto a Ceprano da Rocco, capostazione, e Teresa, maestra elementare.
Fino all'adolescenza il mio mondo fu racchiuso in uno spazio abbastanza ristretto: immaginate una piccola stazione ferroviaria di provincia sulla linea Roma-Napoli, un piccolo bar-alimentari, una scuola, una chiesetta e un campetto dove si andava a giocare a pallone; il tutto compreso in un quadrato di circa 500 metri di lato.
E' in questo piccolo universo che mossi i primi passi, corsi sulle mie prime bici senza rotelle e feci parte di bande di ragazzini che giocavano alla guerra contro nemici immaginari che non si vedevano mai, ma che rappresentavano sempre una minaccia incombente.
Tutto questo tempo veniva scandito dal regolare passaggio di treni che andavano e venivano, portando cuori e anime di un mondo ancora in bianco e nero verso le proprie destinazioni lontane.
Il mio palazzo di fronte alla stazione esiste ancora, anche se è disabitato da tanto e ormai in rovina. Fino a poco tempo fa ogni tanto ci tornavo, vagando per le stanze di quella che fu un giorno casa mia e, se chiudevo gli occhi, mi pareva di sentire ancora il fischio acuto di mia madre che chiamava per il pranzo o la risata aperta di mio padre in compagnia dei suoi tanti amici ferrovieri.
Poi lo stabile è stato chiuso murandone porte e finestre per evitare che extracomunitari e ladri di rame ne facessero il proprio punto di ritrovo. Per questo provo un certo risentimento, perchè a causa loro mi è stata tolta la possibilità di riassaporare atmosfere e luoghi che mi appartengono, che sono miei... che mi spettano di diritto; quel diritto di chi si "sente" di un posto.
Ci sono luoghi che non ti lasciano mai, anche a distanza di decenni...ed è inutile chiedersi il perchè. Io l'ho fatto per lungo tempo, poi ho capito che quel posto ce l'avevo dentro e così sarebbe stato per sempre.
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